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Rubrica a cura di:

NADIA SALVAGGIO, CHRISTIAN GIANGRECO, ANTONIO VERSACI

   

Canicattì nelle sue tradizioni storiche è stata la capitale dei coltelli dal 1700 sino al 1925 la sua specializzazione era su un coltello che servita per lavoro e nello stesso tempo per le abitudini familiari. Il coltello era ricavato da un corno di bue veniva inciso magistralmente e nell'incavo era inserita una lama di pari lunghezza del corno. Tale coltello serviva per tagliare piccole messi , per lavori in legno, per lavori casalinghi ed ahimè a volte serviva per duelli all'ultimo sangue. Alcune persone che erano possidenti o borgesi inserivano nel corno dei fregi per abbellire la forma molto lineare ed a volte rude del corno stesso. Il maggior lavoro si svolgeva presso la via dei cutiddreri ora ribattezzata via Vittorio Emanuele

NADIA SALVAGGIO

FOTO DI ANTONIO VERSACI

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TRADIZIONE POPOLARE DEI COLTELLI IN SICILIA

Un popolo lascia sempre traccia del proprio passato, nei rapporti commerciali con il resto dei paesi, attraverso il contatto umano e via dicendo. Per questa ragione i giovani, che succedono in ordine cronologico, avranno memoria di quel che c’è stato per quel che verrà.
Dediche remo questa pagina alla memoria degli antichi forbiciai e del loro seminato, oltre che della passione per un arte che rimane tutt’ora viva. Ne è esempio la “Coltelleria Paolucci” che ha portato alto il nome di Frosolone in Italia.
Le parti fondamentali del coltello, dalla lama e dal manico, si ottengono attraverso precise fasi di lavorazione. L’acciaio della lama, per superare il deterioramento del tempo, deve possedere la forza dell’acciaio, la duttilità del carbonio e l’inossidabilità del cromo e del nichel; infine con l’arricchimento del vanadio, si fondono insieme per ricevere l’adeguato trattamento termico, garantendo elasticità e durezza. L’arrotatura è il passo successivo insieme all’affilatura, per rendere il coltello tagliente. Nell’epoca medievale, i materiali venivano trattati con le stesse caratteristiche tecniche per uso domestico o professionale. Nella tradizione siciliana, i materiali venivano realizzati tantissimi modelli di coltelli differenti, che variavano in base alle zone di produzione, alle tecniche realizative, alle forme  ed ai materiali utilizzati. Nella maggior parte dei casi, assumevano dei nomi identificativi ben precisi (spesso in siciliano), a seconda del paese di provenienza, delle caratteristiche o dell’uso a cui erano destinati. Tra i più importanti ricordiamo: “Sanfratello”, “Salitano”, “Liccasapuni”, “Scannaturi”, “Cuteddu Ammanicatu”, “Rasolu Ammanicatu”, “Ericino”, “Birrittedda”, “Lapparedda”, “Scaluni”, “Saraga” ecc.. La “Birrittedda”, ha ad esmpio una lama a molla, forgiata a mano, di materiale in acciaio al carbonio e manico in ottone, o corno bovino. Lo “Scaluni”, invece è tipico per la forma della lama che riproduce uno scalone nella parte non affilata, sempre realizzato con gli stessi materiali della “Birrittedda”; Lo “Cuteddu Ammanicato”, è chiamato così perché la lama ha la stessa dimensione e forma del manico.
CHRISTIAN GIANGRECO


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Mi chiamo Antonino Versaci e sono un ragazzo di San Fratello (Me). La mia storia ha inizio quando da piccolo, nell’officina di mio padre (fabbro), curiosando tra i vari cassetti, trovai un coltello “Sanfratellano” in fase di realizzazione e da quel giorno il mio unico desiderio fu quello di impossessarmene per poterlo ultimare da me. Ho ancora davanti agli occhi quel bambino accanto al nonno (anch’egli fabbro, ma in pensione), tutto eccitato dal fatto di finire il coltello, anche se non aveva la più pallida idea di come fare e ricordo ancora, come fosse oggi, mio nonno che con tantissima pazienza seguiva e correggeva i disastri del suo nipotino, tutto sporco, ma felicissimo di imparare. A 17 anni, finalmente, grazie all’aiuto di mio padre, ho potuto realizzare il mio sogno imparando in un batter d’occhio a costruire interamente un coltello “Sanfratellano” secondo l’antica tradizione. Quello “Sanfratellano” era il coltello posseduto dalla totalità della popolazione dello stesso paese ed utilizzato per qualsiasi tipo di uso quotidiano ed infatti è proprio grazie alla sua tipicità e qualità che divenne talmente famoso fino a diventare “Il coltello prediletto dei pastori Siciliani” (come viene definito nella pubblicazione del fascicolo n°25 di “Collezionare Coltelli Classici da Lavoro” della Hobby&Work). Con il coltello “Sanfratellano” il pastore poteva infatti macellare le sue bestie, curarle, nutrirsi, difendersi, offendere e nelle lunghe giornate di solitudine con il proprio gregge, si prestava a strumento per intarsiare dei pezzi di legno che nelle mani abili del pastore assumevano la forma di vere e proprie opere d’arte.
Il “Sanfratellano”, forgiato e creato in tutte le sue parti dalle mani forti ed esperte dei fabbri del paese, come molti altri coltelli provenienti dallo stesso ceppo “contadino” aveva la lama a “foglia di ulivo” e il manico in genere in corno, legato all’attività pastorizia del paese o in alcuni casi anche in metalli come il rame/ottone.
La forma del manico è lineare, eccezion fatta per uno sfaso verso l’esterno in prossimità del calcagno, la cui forma può subire delle leggere variazioni in base al gusto estetico del fabbro.
Purtroppo, nonostante il coltello Sanfratellano, come già detto, sia stato, e lo è ancora oggi, molto conosciuto e apprezzato, questa tradizione è andata un po’ perdendosi poiché nessuno in paese è stato capace di portare avanti con passione questa antica tradizione, al giorno d’oggi infatti, all’interno del paese stesso, sono pochissimi coloro capaci ancora di realizzarlo, ma ancor peggiore è il fatto che non c’è più nessun giovane che intende avvicinarsi a questa antica tradizione con la voglia di imparare e quindi, proprio per cercare di tramandare l’antico mestiere del fabbro coltellinaio in Sicilia, ho intrapreso una dura ricerca storica e la riproduzione dei tantissimi altri modelli tipici siciliani, coltelli di cui molto spesso,  a differenza di quello "Sanfratellano", non si conosce il paese di origine preciso (molti anche perchè venivano realizzati in varie zone della Sicilia) ma che addirittura hanno preso nel tempo i nomi più svariati in lingua siciliana a seconda della forma degli usi ed altri particolari...e quindi è il caso da "Birritedda", da "Laparedda" do "Scaluni", do "Saraga", u "Liccasapuni", u “Cuteddu ammanicatu” u “Rasolu ammanicatu” e molti altri modelli tipici siciliani. Come ho già detto in precedenza al giorno d’oggi, in Sicilia sono pochissimi coloro capaci ancora di realizzare i coltelli tipici secondo l’antica tradizione degli abilissimi fabbri-coltellinai siciliani, ma ancor peggiore è il fatto che non c’è più nessun giovane che intende avvicinarsi a questa antica tradizione con la voglia di imparare. Diciamo pure che io sono l’eccezione che conferma la regola, infatti, cerco sempre di adoperarmi, nelle mie possibilità, per portare avanti il nome e la fama del coltello "Sanfratellano" e di un po’ tutti i modelli tipici siciliani, cercando di rispecchiare il più possibile e tenere alto l'onore dell’antica tradizione tramandata dai fabbri-coltellinai del mio paese sempre alla ricerca delle ultime informazioni rimaste riguardanti il mondo della coltelleria artigianale siciliana e come già detto in altre occasioni, unico mio dispiacere è quello di non poter più avere mio nonno al mio fianco, come la prima volta da bambino, ma nonostante tutto, ogni qual volta ho tra le mani un coltello, lo sento vicinissimo nel mio cuore e ritorno ad essere il nipotino, tutto sporco, ma felicissimo e voglioso di imparare…e sicuramente è proprio in questo che va ricercata la ragione della mia grandissima passione per i coltelli…

ANTONIO VERSACI

 

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STORIA DEL COLTELLO

Il coltello è sicuramente tra gli oggetti più antichi al mondo, il primo strumento che l’uomo primitivo imparò a reperire in natura e a costruirsi per il soddisfacimento dei suoi bisogni quotidiani. E’ soprattutto nel mondo agricolo e pastorale che il coltello ha sempre assunto quel ruolo fondamentale che ne ha fatto un vero e proprio simbolo della tradizione culturale italiana e quindi anche della Sicilia.
Tra i pastori non era soltanto un utensile indispensabile in tutte le fasi del lavoro, ma era anche l’unica posata usata nel pasto quotidiano, una distrazione, uno svago: il pastore annoiato, in attesa di riportare le pecore all’ovile, utilizzava il proprio coltello per intagliare pezzetti di legno o per incidere disegni sulla corteccia degli alberi; il coltello diveniva quindi quell’ “amico fidato”, quel segno tangibile della propria virilità, quella garanzia di dignità ed orgoglio personale.
Un buon coltellinaio doveva prima di tutto essere un abile fabbro ma nello stesso tempo saper trattare il corno e i materiali usati per i manici. La fabbricazione artigianale di un coltello prevedeva tutta una serie di operazioni tramandate nella tradizione quali la forgiatura, l’assemblaggio e la modellazione del coltello, la tempra, la lavorazione del corno, l’affilatura e la lucidatura. Ovviamente i risultati non erano dei gioielli visto i materiali semplicissimi usati  e le poche rifiniture maniacali, ma del resto quelle vere e proprie  opere d’arte nascevano per essere usati proprio  nei più svariati lavori della giornata e quindi a chi lo possedeva non interessava tanto avere un coltello rifinito a specchio ma un compagno di viaggio semplice, maneggevole e tagliente su cui poter contare  in qualsiasi situazione.
Nella tradizione siciliana venivano realizzati tantissimi modelli differenti di coltelli, che variavano in base alle zone di produzione, alle tecniche realizzative, alle forme e ai materiali utilizzati. Nella maggior parte dei casi assumevano dei nomi identificativi ben precisi (spesso in siciliano) a seconda del paese o della zona di provenienza, delle caratteristiche o dell’uso a cui erano destinati e quindi tra i più importanti ricordiamo: “Sanfratellano”, “Salitano”, “Liccasapuni”, “Scannaturi”, “Cuteddu Ammanicatu”, “Rasolu Ammanicatu”, “Ericino”, “Birritèdda”, “Lapparèdda”, “Scaluni”, “Saraga” ecc...
Purtroppo, come un po’ tutti i mestieri artigianali, anche quello del  fabbro-coltellinaio rischia di scomparire e purtroppo ormai è molto difficile ritrovarsi tra le mani un coltello che è stato creato dal nulla e secondo l’antica tradizione dalle mani forti ed esperte di un “vero” fabbro-coltellinaio in tutte le sue fasi di lavorazione e quindi poter rivivere a pieno tutte le meravigliose sensazioni che si provano nell’aver tra le mani un’oggetto “vivo” e come per qualsiasi  realizzazione artigianale con i suoi pregi e difetti ma proprio per questo irriproducibile e unico al mondo.

ANTONIO VERSACI

 

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LE QUATTRO CANDELE

 

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